Molte donne però riuscivano a procurarsi una copia della chiave, non solo per cedere ai piaceri della carne, ma anche per evitare fastidiose e a volte mortali infezioni.
Il fiorentino Francesco da Carrara regalò la cintura di castità alla moglie infedele (da un documento del 1405): oggi quella cintura è conservata al Palazzo dei Dogi a Venezia.
Lo scrittore medievale Goffredo di Vendôme addirittura scrisse una vera e propria invettiva contro le donne: “Maledetto sia questo sesso in cui non vi è né timore, né bontà, né amicizia e di cui bisogna diffidare più quando è amato di quando è odiato”.
E questo la dice lunga sulla concezione medievale della donna: gli uomini di chiesa erano i primi a definire le donne come streghe, puttane, esseri posseduti dal demonio. Inoltre la donna è pericolosa per sua natura, per la predisposizione al concepimento, e quindi deve rimanere lontana dalla santità dei luoghi benedetti.
Eleonora d'Aquitania, che fu moglie di Re Luigi VII di Francia, era l’esempio evidente della pericolosità della donna: donna intelligente e di forte carattere, dedita alla lussuria e ai piaceri del sesso più d’ogni altra donna, divenne emblema della lussuria e l’incarnazione del demonio.
Più tardi, verso la fine del XIX secolo, larga diffusione ebbe anche il modello da uomo, il cui scopo era principalmente quello di scoraggiare la masturbazione, pratica che, secondo molti, conduceva alla cecità e alla pazzia.
Oggi assistiamo al revival della cintura di castità, dalle pratiche sadomaso al bondage, ma anche alla carica simbolica che quest’oggetto porta con sé: amore e fedeltà, senso di possesso condiviso e rievocazione di un tempo in cui bastava poco per essere parte della persona amata.
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